Una pagina dal Kara monogatari. Autunno, il flauto e la luna.

Tsukioka Yoshitoshi (1839-1892), Fujiwara no Yasumasa (958-1036) suona il flauto nel plenilunio (Fujiwara Yasumasa Gekka Roteki), 1883, stampa su matrice di legno, trittico (part.).
Tsukioka Yoshitoshi (1839-1892), Fujiwara no Yasumasa (958-1036) suona il flauto nel plenilunio
(Fujiwara Yasumasa Gekka Roteki), 1883, stampa su matrice di legno, trittico (part.).

 

In passato Lungyu, figlia del Duca Mu dello stato di Qin, viveva senza darsi alcun pensiero delle cose di questo mondo, godendo solo della limpida purezza della luna d’autunno. Ai suoi tempi, viveva un musicista di nome Xiao Shi. Non c’erano limiti alla bellezza e alla commozione che evocava il suono del suo flauto, quando si levava nelle fredde albe alla luce chiara della luna d’autunno. Conquistata dalla sua musica, Longyu strinse con lui un patto d’amore, e non si curò dei rimproveri di quanti la biasimavano: stavano sempre insieme, sul tetto della loro dimora da cui lo sguardo spaziava all’orizzonte. Mentre lui suonava il flauto, contemplavano la luna, due cuori in uno. Perfino una fenice volò fino a loro per ascoltare la musica. Quando la luna, tramontando lentamente, si posò sulle cime dei monti a occidente, la fenice, che aveva compreso la purezza dei loro sentimenti, prese con sé Longyu e Xiao Shi e volò via lontano, nel cielo.

 

È esistito anche chi,

purificato il cuore

alla luce della luna

sfidando ogni limite,

è volato via oltre le nubi.

 

Com’è raro avere sentimenti così nobili da poter volare via nel cielo.

Anche restare affascinati dal suono di un flauto e ignorare il biasimo della gente rivela un cuore puro: che meraviglia.

 

Da Kara monogatari. Racconti cinesi, a cura di Maria Chiara Migliore, Milano, Ariele, 2015, pag. 63.

 

Finita la lezione, stamattina ho acquistato questo libro, appena pubblicato, e ho iniziato a leggerlo subito, in treno. Che meraviglia!

Attribuita a Fujiwara no Shigenori (1135-1187), questa piccola raccolta di antichi racconti cinesi volti in giapponese durante il periodo Heian rivela ancora una volta il profondo debito che la cultura classica giapponese deve all’immaginario del continente, anche se sarebbe scorretto sorvolare sul fatto che Shigenori, funzionario imperiale chiamato il Consigliere del quartiere dei ciliegi per la sua predilezione per i sakura, dovette sicuramente adattare i racconti alla sensibilità dei suoi lettori. La scelta delle storie, alcuni delle quali celeberrime e soggette a rifacimenti e riscritture anche in ambito giapponese, ci dice molto dei gusti del compilatore e del suo pubblico e l’ottima introduzione di Maria Chiara Migliore (che ha anche tradotto il testo antico) ci aiuta a cogliere al meglio la fascinazione del Giappone classico per la tradizione letteraria cinese. Una lettura, per me, oltremodo piacevole e illuminante. Una delizia d’autunno.