Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. La primavera di Genji.

Tosa Mitsuyoshi (1539–1613), Farfalle (Kochō), cap. XXIV del Genji Monogatari, paravento a sei ante, The Met, New York, part.

Trascorso il ventesimo giorno del terzo mese il giardino del Quartiere di Primavera appariva più bello che mai e, nel vedere lo splendore dei fiori e nell’udire la voce degli uccelli, negli altri quartieri ci si meravigliava perché sembrava che solo laggiù la primavera non finisse mai. Pensando che probabilmente le giovani donne avrebbero rimpianto di non poter ammirare a proprio agio gli alberi sulle colline, le isole del lago, il colore intenso dei muschi, Sua Signoria fece preparare delle barche sul modello di quelle del paese dei Tang, le fece attrezzare in fretta, e per il giorno in cui sarebbero state spinte sull’acqua invitò gli artisti dell’Ufficio della Musica perché organizzassero un concerto. Intervennero principi e dignitari d’alto rango. Proprio in quegli stessi giorni, anche l’Imperatrice era tornata nella sua residenza d’origine. La Prima Signora pensò che fosse giunto il momento di rispondere al messaggio di sfida che ella a suo tempo le aveva inviato, «Se il giardino aspetta la primavera», e anche Sua Signoria avrebbe desiderato mostrare la fioritura all’Imperatrice, ma dal momento che il rango di quest’ultima non le permetteva di spostarsi senza una ragione particolare solo per ammirare i fiori, le sue giovani dame di compagnia – quelle che avrebbero più apprezzato quel genere di intrattenimento – furono invitate sulle barche; poiché il lago a sud della residenza dell’Imperatrice era fatto in modo da comunicare con l’altro, quando apparvero le piccole colline artificiali che segnalavano il confine, le imbarcazioni aggirarono il promontorio e uscirono nel lago della residenza di Sua Signoria, dirigendosi verso il Padiglione per la Pesca sul lato orientale, dove egli aveva fatto venire le sue dame di compagnia.

Le due barche ornate di polene a forma di drago e albatro erano riccamente decorate secondo lo stile del paese dei Tang, i ragazzi che manovravano il remo avevano i capelli raccolti a mizura ed erano vestiti alla maniera cinese, cosicché, una volta trasportate nel centro di un lago così grande, le giovani donne, che non erano abituate a un simile spettacolo, avevano davvero l’impressione di trovarsi in un paese straniero ed erano piene di ammirazione. Quando le barche passarono accanto alle insenature delle isolette notarono che le cime degli alberi dove ancora si dilungava la nebbia sembravano portare uno strascico di broccato e che nel giardino principale, in lontananza, i rami dei salici di un verde intenso si piegavano verso terra, mentre i fiori spandevano all’intorno un profumo indescrivibile. Persino i fiori di ciliegio che altrove avevano superato ormai il momento del pieno rigoglio, qui sembravano aprirsi in un sorriso e il colore dei glicini lungo i passaggi coperti cominciava a farsi più intenso. E ancora più splendenti erano gli yamabuki che in piena fioritura riflettevano la loro immagine nella acque del lago, traboccando lungo le sponde. Uccelli acquatici, a coppie, intrecciavano il volo portando ramoscelli nel becco, e anatre mandarine disegnavano il loro profilo su onde di damasco, degne di essere raffigurate in un dipinto: davvero il fascino di quel luogo era tale da far dimenticare lo scorrere del tempo, fino a far marcire il manico dell’accetta.*

«Quando soffia il vento,

perfino le onde sembrano 

colorarsi di fiori, 

È forse così il famoso 

Promontorio degli Yamabuki?».

 

«Il lago di primavera

è forse come la limpida corrente

del fiume Ide?

Gli yamabuki della riva

sbocciano anche sul fondo».

 

«Nessun bisogno

di visitare il monte

della Tartaruga,

avrò fama di aver trovato

l’immortalità su questa barca».

 

«Sull’imbarcazione

che avanza nel sole di primavera

sono fiori

anche le gocce d’acqua

che il remo lascia cadere».

Il paesaggio era tale che non fa meraviglia se le giovani donne ne erano affascinate e si scambiavano queste semplici poesie, dimentiche sia del luogo da dove provenivano sia della meta verso cui erano dirette.

Verso l’ora del tramonto, mentre risuonavano le note di Cerbiatto reale, le imbarcazioni si accostarono al Padiglione della Pesca e, senza rendersene conto, esse scesero. Il posto era arredato in modo semplice, ma raffinatissimo e le giovani donne di entrambe le parti, che facevano a gara per l’aspetto e l’estrema eleganza dell’abbigliamento, apparivano di una bellezza non certo inferiore a quella di un broccato fiorito. Furono eseguite danze nuove e ancora sconosciute. Sua Signoria aveva scelto con ogni cura esecutori che esprimessero al meglio i segreti della loro arte per allietare i presenti. Al sopraggiungere della notte nessuno era ancora stanco e quindi egli fece accendere le torce nel giardino principale e chiese ai musicanti di avanzare fino al tappeto di muschio ai piedi della scalinata, mentre principi e dignitari prendevano flauti e cetre. Dopo che i più esperti fra i musici di professione ebbero impostato la linea melodica sōjō gli altri partecipanti seduti più in alto presero a suonare gli strumenti a corda, e quando si giunse al brano Oh che giorni prosperi perfino la gente più umile e priva di sensibilità, mescolandosi a carri e cavalli che si assiepavano attorno al portale di ingresso, ascoltava con sorrisi estatici, commentando che era una vera fortuna essere presenti. Era evidente a chiunque che la bellezza del cielo, la voce degli strumenti, la melodia di primavera, l’eco della musica non avevano rivali. Quando poi cambiando la scala musicale si passò a Primavera di gioia, il Principe Capo dell’Ufficio degli Affari Militari cantò due volte Salice verde in modo eccellente e Sua Signoria gli fece eco. Arrivò il mattino…

 

Murasaki Shikibu

(XI sec.)

Traduzione di Maria Teresa Orsi.

Da “Farfalle”, XXIV capitolo de La storia di Genji, Torino, Einaudi, 2012, pp. 485-488.

 

* Riferimento a una leggenda di origine cinese, secondo la quale un boscaiolo incontrò due esseri soprannaturali che giocavano a go e mentre li osservava trascorse, a sua insaputa, un tempo così lungo che il manico della sua accetta marcì; quando fece ritorno a casa, scoprì che nel frattempo si erano succedute sette generazioni. [Nota di M. T. Orsi]

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Una primavera ideale, un mondo ideale: è il mondo creato da Murasaki, è la sfolgorante primavera del principe Genji, lo splendente. Natura e uomini, fiori e canti, musica e uccelli: ogni elemento della rappresentazione ideata da Murasaki concorre a creare un quadro unico, una bellezza armoniosa e incomparabile, irraggiungibile se non nei sogni. Vi ci rifugeremmo, in questi nostri giorni crudeli di primavera.