Aki ya. L’autunno secondo Sei Shonagon.

Nel giardino del palazzo imperiale di Kyōto. Era il nostro viaggio del 2009.

 

Il giorno successivo a una bufera di vento che “divide i campi”, si può contemplare uno spettacolo pittoresco e commuovente. Nei punti dove i recinti di assi e i cancelletti a grata hanno ceduto, il giardino appare sofferente per la devastazione. Grandi alberi sono stati abbattuti e i loro rami, travolti dal vento, giacciono tra i fiori di hagi e di ominaeshi. Negli interstizi delle grate delle persiane si sono infilate numerose foglie, come se qualcuno le avesse graziosamente disposte, e si stenta a credere che l’autore di tutto questo sia stato un vento violentissimo. Una dama dall’aspetto raffinato, che indossa sottovesti viola scuro all’interno  ma prive di lucentezza e ormai sbiadite all’esterno, una veste di tessuto color foglia secca e un’altra aperta più chiara, dopo aver trascorso una notte insonne per il violento turbinio della bufera, si sporge appena dal limitare dell’alcova, con i capelli scompigliati dal vento e fluenti sulle spalle, un po’ rigonfi, bellissimi. Ella osserva l’aspetto desolato del giardino con un’espressione mesta e accorata, e intona sottovoce la poesia: “Il vento del monte Mube”, rivelando così una certa innata squisitezza. All’improvviso si avvicina una giovane di diciassette o diciotto anni, non piccola ma dall’aspetto ancora infantile, che indossa una veste di seta grezza alquanto scucita e un’umida veste da camera rosso chiaro, il cui primitivo indaco si è ormai del tutto scolorito; i capelli invece sono belli e luminosi, minuziosamente acconciati, con le punte morbide e abbondanti come fiori che le giungono fino ai piedi, celandosi nei lembi della sua veste. Si accosta alla cortina di bambù, e osserva estatica, con ammirata invidia, le fanciulle e le giovani che rapide radunano gli alberi con le radici estirpate e li ripiantano nel punto in cui erano prima; ma anch’ella, vista di spalle, è invero bellissima. 

Sei Shōnagon

 

Traduzione di Lydia Origlia.

* Note del guanciale (Makura no sōshi),  Milano, SE, 1988, p. 200-201.

 

2 commenti

  1. Chissà, cara Graziana. Ma è bello che ti siano venuti in mente questi versi classici e che tu abbia voluto regarlarceli. Grazie!

  2. Forse Sei Shonagon si riferiva alla poesia n. 22 dello Hyakunin Isshu, di Fun’ya no Yasuhide
    Fuku kara ni
    aki no kusa ki no
    shiorureba
    mube yamakaze o
    arashi to iuramu.

    E’ perché soffia
    che erbe e alberi d’autunno
    appassiscono
    dunque il vento di montagna
    viene detto bufera

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