Mukashi mukashi. Contro l’epidemia, leggiamo! E viaggiamo con Shidōken…

Illustrazione da Fūryū Shidōken den, edizione xilografica del 1763.

Finito di osservare tutto quanto le province potevano offrire in fatto di piaceri d’amore, Asanoshin si disse: «Adesso, andiamocene un po’ in giro per il mondo». Sedutosi sul ventaglio di piume, dono del sennin,* eccolo, trasportato dal destino quale un grande veliero, solcare l’immensità degli oceani blu. Benché le onde si susseguissero come bianchi spumeggianti destrieri, grazie alla magica virtù del suo ventaglio l’acqua del mare non sfiorava nemmeno le sue vesti, e benché fossero giorni che non mangiava, non sentiva affatto i morsi della fame.

Andando così alla ventura, un giorno giunse a un’isola dove sbarcò, tenendo in mano il ventaglio. Dopo aver girovagato qua e là, vide infine un’enorme casa dove  si diresse per prendere riparo. Ed ecco una folla venirgli incontro. Erano tutti alti più di sei metri e persino i bimbi che si portavano sul dorso erano più alti di un giapponese adulto. «Devo essere proprio nel famoso Paese dei Giganti« pensò. Ma tra di loro non riuscivano a comunicare. Ricorsero a diversi espedienti, tentando anche di insegnarsi reciprocamente la lingua a gesti: invano. Persa ogni speranza di farsi capire, gli venne in mente di porsi il ventaglio di piume all’orecchio: ed ecco la lingua dei giganti diventare comprensibile; se lo pose davanti alla bocca, ed ecco i giganti capirlo. Finalmente possono comunicare. «Sono uno che viene dal Giappone» disse Asanoshin, e quelli a fargli un’accoglieza davvero grandiosa con mille regali. Due o tre giorni dopo gli dissero: «Andiamo a fare un picnic», e lo fecero monatre su un palanchino. Lo portarono in un luogo affollatissimo, e poi in un locale chiuso ai quattro lati da grate di giunco, dove lo misero su una predella, e ritmando il tempo su flauti e tamburi dalle forme strane, si misero a scandire a voce altissima: «Esibizione di un giapponese vivo, un leggiadro ometto, un minuscolo coso che si può far camminare sul palmo della propria mano. Non è un automa, né un uomo artificiale: è proprio vivo e vegeto come lo vedete. Sensa…zzzionale!  Sensa…zzzionale!». Giovani e vecchi, uomini e donne erano lì a spingersi e spintonarsi per vedere lo spettacolo, senza un attimo di sosta. Tutti si sbellcavano puntando il dito verso di lui. Asanoshin, scocciato, pensava a come tirarsi d’impaccio.«È il momento di ricorrere al ventaglio» si disse, e alzati gli occhi al cielo invocò l’anacoreta. Poi, il ventaglio in mano, si levò in volo sfondando il tetto del capanno e si perse nel nulla delle nuvole infinite. I giganti, stupefatti «di essersi lasciati scappare il calderone in una notte di luna», si scatenarono in discorsi del tipo: «Mai sentito che i giapponesi volassero! Deve essere uno di quei tengu** che dicono così numerosi in Giappone. Ecco perché aveva quel ventaglio in mano! Però, che naso piccolo!». Ognuno diceva la sua e via di questo passo. Un gigante sentenziò: «Se è un tengu che fa il giro del mondo deve aver perso il naso in qualche bordello» ma avevano un bel discutere, non riuscivano a mettersi d’accordo.

Dopo questi fatti, proseguì la sua passeggiata aerea sull’onda del ventaglio: ed ecco in lontananza un’isola dove decise di posarsi. Era l’Isola dei Pigmei: i suoi abitanti non superano le due spanne. Sono così piccoli che le gru li porterebbero via se se ne andassero soli per la strada: quindi si spostano a gruppi di quattro o cinque. Alla vista di Asanoshin, furono presi da terrore e brividi. Trincerati dietro le loro porte chiuse, non mettevano fuori neppure il naso e così egli dovette passare senza fermarsi. Mano a mano che s’inoltrava nell’interno del paese, la taglia degli abitanti continuava a diminuire: prima cinque, poi tre polllici. Giunto infine nelle regioni più interne del paese, vide degli uomini che non erano più alti di bambole in miniatura. Tuttavia anche lì ovunque vi erano dei signori. Nei paraggi di un castello molto ben costruito, una moltitudine di ometti in vesti di cerimonia entravano e uscivano in processione. In questo spiegamento di sfarzo solenne, Asanoshin scorse una gentile damigella uscire in palanchino dal castello: l’afferrò delicatamente con le dita e la depose nel suo inrō.*** Di colpo, grande scompiglio tra il suo seguito, tutti a correre di qua e di là. Il vecchio maggiordomo di scorta al palanchino fu preso dal panico. Allora prese anche lui con le dita e lo mise in uno scomparto inferiore dell’inrō. Quando vi guardò, mezza giornata più tardi, il vecchio, convinto senza dubbio di essere il responsabile del ratto della principessa, si era aperto il ventre in croce e se ne stava lì morto, accasciato su una pillola, la testa penzoloni. «Ma allora – si disse Asanoshin – anche questi piccoli esseri conoscono i rapporti tra signore e suddito!» Commosso sino alle lacrime, tirò fuori la principessa dall’inrō e la rimise dove l’aveva presa. «Che storia incresciosa!» Rimontò sul suo ventaglio di piume e se ne volò via verso nuove avventure.

Hiraga Gennai

(1728?-1780)

Da La bella storia di Shidōken  (Fūryū Shidōken den, 1763), traduzione di Adriana Boscaro, Marsilio, Venezia,  1990, pp. 88-92.

☛Glossario

*Sennin, immortale taoista.

**Tengu, creatura fantastica antropomorfa caratterizata da un lungo naso rosso e da ali. Il re dei tengu è raffigurato sempre con un grande ventaglio da guerra.

*** Inrō, piccolo contenitore a scomparti, in genere in legno laccato, che si applicava all’obi per mezzo di un netsuke (minuscolo contrappeso intagliato o scolpito) e fungeva da tasca.

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Vorremmo tutti essere altrove, in questi giorni, ma dove? In un mondo guarito, in un mondo tranquillo, su un’isola che non c’è, forse.

E allora perchè in questi giorni di forzata inattività non leggere un classico “tutto pepe” della letteratura di periodo Edo, come La bella storia di Shidōken e magari, fra voli e viaggi in mondi lontani e immaginari, perché non accompagnarlo con la lettura altrettanto gustosa e appassionante de I viaggi di Gulliver (Gulliver’s Travels, 1726), magari letto tanto tempo fa, quando erroneamente veniva considerato un “classico per ragazzi”? Potremmo scoprire due visioni parallele,  satiriche allo stesso modo, di Giappone e Gran Bretagna. Passando il tempo in compagnia. Isolati sì, ma non soli.

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