Sguardi, visioni. Letture per farci compagnia. Miyako vista dal dottore degli Olandesi.

Iwasa Matabei, Paravento a 6 ante del genere rakuchūrakugai-zu (con scene dentro e nei dintorni della Capitale), periodo Edo (XVII sec.), Tokyo National Museum, Tesoro Nazionale, part.

 

Kio, o Miaco… in giapponese significa città. La definizione le spetta di preminenza, poiché vi risiede sua santità il Dairi, l’imperatore ecclesiastico ereditario, e per questo è considerata la capitale di tutto l’impero. È situata nella provincia di Jamatto [Yamato], in una vasta pianura, e si stende da nord a sud per tre quarti di un miglio tedesco e da est a ovest per mezzo miglio tedesco. È circondata da verdi, amene colline e da montagne, da cui sgorgano diversi fiumicelli e deliziose sorgenti. La città è più vicina alla montagna sul lato orientale, ove abbondano i templi, i monasteri, le cappelle e altri edifici religiosi, disseminati sui pendii, che avremo modo di visitare e di descrivere più accuratamente al nostro ritorno. Tre fiumi poco profondi attraversano o costeggiano la città da quella parte; il più grande e importante esce dal lago di Oitz; gli altri due scendono dalle montagne vicine e tutti si uniscono a formare un solo corso d’acqua, all’incirca nel centro della città, attraversato da un largo ponte, lungo duecento passi, chiamato Sensjonosas. Da questo punto in poi, il fiume dirige il proprio corso verso ovest. Il Dairi, con la famiglia ecclesiastica e la corte, risiede nella parte settentrionale della città, in una zona o quartiere speciale, formato da dodici o tredici strade e separato dal resto della città per mezzo di mura o fossati. Nella zona occidentale della città sorge un robusto castello di nuda pietra. Fu fatto costruire durante le guerre civili, a scopo di difesa personale, da uno degli imperatori ecclesiastici ereditari; ora vi alloggia il sovrano secolare, quando si reca in visita al Dairi. Nel punto di maggior lunghezza, misura centocinquanta kin, o braccia. Un profondo fossato in muratura, colmo d’acqua, corre tutt’intorno, e questo è a sua volta circondato da un largo spazio vuoto, o fossato asciutto. Al centro del castello si trova, com’è uso, una torre quadrata di diversi piani. Nel fossato vengono tenute delle carpe di tipo particolare, deliziose, alcune delle quali sono state offerte questa sera al nostro interprete. A guardia del castello v’è una piccola guarnigione, comandata da un capitano. Le vie sono strette, ma regolari, e corrono alcune verso sud, altre verso est. Trovandosi in fondo a una delle grandi strade, a causa della loro straordinaria lunghezza, della polvere e della gente che vi si affolla ogni giorno, è impossibile riuscire a vedere a occhio nudo l’estremità opposta. Le case, in genere, sono anguste, al massimo di due piani, costruite in legno, calce e argilla, secondo l’uso del paese, e con il tetto coperto con tavolette di legno. Vicino al tetto si trova sempre un secchio di legno pieno d’acqua, con tutti gli attrezzi necessari a spegnere un incendio. 

Frontespizio della History of Japan, vol. 1, London, 1728.

La città chiamata Miaco è il più grande magazzino dei manufatti e delle merci giapponesi e il maggiore centro mercantile dell’impero. Non v’è quasi casa in questa grande capitale ove non si venda o fabbrichi qualche cosa. Qui si raffina il rame, si coniano monete, si stampano libri, si tessono le stoffe più pregiate con fiorami d’oro e d’argento. Le più rare e belle tinture, i più raffinati intagli, ogni sorta di strumenti musicali, dipinti, scrigni laccati, ogni tipo d’oggetto lavorato in oro e altri metalli, specialmente in acciaio, come lame ben temperate e altre armi, tutto viene fabbricato qui nel modo più perfetto, così come le vesti più lussuose, confezionate secondo i dettami più raffinati della moda, ogni tipo di giocattolo, marionette che muovono la testa da sole e innumerevoli altre cose, più di quante se ne possano qui elencare. In breve, qualsiasi cosa venga in mente, a Miaco la si può trovare e non v’è nulla di quanto viene importato dall’estero, mai comunque di così raffinata lavorazione, che qualche artigiano di questa capitale non tenti di imitare. Tutto considerato, non c’è da meravigliarsi se i manufatti di Miaco son divenuti celebri in tutto l’impero e vengono spesso preferiti a qualsiasi altro, anche se inferiori per qualche particolare, solo per il fatto d’essere stati prodotti a Kio. In tutte le vie principali non vi sono che poche case in cui non si venda qualcosa e, da parte mia, non potei fare a meno di chiedermi, ammirato, dove potessero procurarsi abbastanza clienti per una così ingente quantità di merci. È vero, però, che pochi passano per Miaco senza comperare qualcuno dei manufatti locali, vuoi per uso personale, vuoi per fare un regalo agli amici o ai parenti. Il supremo magistrato risiede a Miaco, ed è un uomo potente e di grande autorità, poiché esercita il comando supremo, al servizio dell’imperatore, su tutti i Bugjo, i governatori, gli amministratori e gli altri funzionari che hanno qualche incarico nel governo delle città imperiali, delle terre e dei possedimenti della corona in tutte le province occidentali dell’impero. Anche gli stessi prìncipi dell’Occidente devono in una certa misura dipendere da lui. 

 

 

Engelbertus Kaempfer 

(1651-1716)

 

Da: Storia del Giappone, 1693.

 Citato in:  Edwin Bayrd, Kyoto, Milano, Mondadori, 1973, pp. 139-140.

 

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Lo scienziato, naturalista e medico tedesco Engelbertus Kaempfer arrivò a Dejima, l’isola artificiale allestita nel porto di Nagasaki per ospitare la Casa commerciale olandese (Oranda shōkan), nel 1690 ed ebbe più volte occasione di accompagnare, in qualità di medico ufficiale, l’annuale ambasceria degli stranieri alla sede shogunale, Edo, percorrendo la Tōkaidō. La sua cronaca, stilata, in latino e tedesco, con lo sguardo e il rigore dello scienziato, è un’importante testimonianza del Giappone a cavallo fra XVII e XVIII secolo.