Metti una serata giapponese ad Abbiategrasso…

Il mio haori in teeria.
Il mio haori in teeria.

Una piccola serata giapponese…

 

Ricordi, Yasuko? L’avevamo comprato assieme, quel vecchio haori dal curioso disegno. L’avevi scelto tu, alzandolo decisa dal mucchio sulla  bancarella, offerto a una cifra ridicola.

Ci era piaciuto subito, per quel colore insolito e così difficile da abbinare. Sapevamo entrambe che non lo avrei mai indossato, ma ci sembrava un regalo, che fosse lì, ad aspettarci, fra tutti quei kimono, obi, haori rovesciati alla rinfusa e che avrebbero fatto la gioia di tante mie amiche milanesi (con più posto in valigia e maggior contante…).

Sì, era la scorsa estate, il 21 di agosto, allo Shitennōji, di Ōsaka. Era il consueto mercato delle pulci che si tiene in occasione della festa di Kōbō Daishi, il 21 di ogni mese, qui, come in ogni altro tempio del  buddhismo esoterico, e già sentivo la malinconia che mi accompagna sempre il giorno prima della partenza…

Dietro un tavolino all'aperto, un film di Mizoguchi...
Dietro un tavolino all'aperto, un film di Mizoguchi...

Ho rivissuto il ricordo di quel giorno di continue scoperte nel caldo soffocante della megalopoli, la sera del 3 luglio scorso, “notte bianca” ad Abbiategrasso. La teeria Tête à thé ha deciso di organizzare una piccola serata giapponese. E così il mio haori, Yasuko, è andato a finire su un palo di bambù, la strada è stata addobbata di lanterne di carta, sul muro del palazzo di fronte  è stato proiettato un vecchio film in bianco e nero di Mizoguchi, Gion bayashi (1953) sul mondo delle geisha, mentre in una saletta all’interno della teeria si poteva ammirare un documentario sul grande fotografo Araki (Arakimentari, del regista Klaus Klose, 2005). Sullo sfondo, la musica dell’Awa odori, e poi canti di pescatori ed infine una struggente nagauta accompagnata dal suono di  uno shamisen.

Il bancha era fresco e il suo gusto evocava ricordi di altre estati.

Era notte, ad Abbiategrasso, e calda. Un temporale improvviso a sorprendere la folla in cerca di frescura e poi, ancora, l’umido soffocante di un’estate quasi giapponese. Ti confesso, Yasuko, che avevo nostalgia.

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