Un diario di epoca Taisho: quasi un feuilleton. 4 puntata.

Tormia

 

 

 

Voyage au Japon/Viaggio in Giappone

 

1923

 

 

 4.     Un’accoglienza.

 

 

 

Sistemando alcune cose, ecco che salta ancora fuori il piccolo carnet.  C’è dunque un seguito…

 

 

Sono molto contento. Tutto si è svolto a meraviglia. L’accoglienza della mia famiglia è stata molto calorosa.

 

Mia moglie non si è svegliata che dopo Yokohama, proprio in tempo per vestirsi. Non so perché aveva l’aria triste e gli occhi rossi. Credo di indovinare che sia a causa del bacio. Ciò nonostante ho fatto tutto ciò che ho potuto per porre rimedio a questa gaffe involontaria. Queste europee sono comunque straordinarie.  Anch’io, del resto, sono molto affettuoso e mia moglie lo sa, ma perché non si rende contro che in Giappone tutto è diverso? Noi non intendiamo il pudore allo stesso modo degli europei.

 

Per noi il bacio deve restare nascosto perché lo consideriamo come il simbolo più puro dell’amore, come un gesto che deve restare segreto e che deve anche restare essenzialmente un gesto d’amore. Gli europei sviliscono il bacio, che noi idealizziamo. Essi baciano in ogni occasione e non importa chi. Essi incollano le loro labbra sulla pelle di persone che sono loro più o meno indifferenti, per un sì o per un no. Il primo gennaio tutte queste persone di baciano fra di loro con il pretesto degli auguri e la mia signora suocera è particolarmente scioccata dal fatto che non abbia mai posato le mie labbra sulla sua onorevole guancia.

 

Un bacio in pubblico – soprattutto un bacio d’amore – sarebbe dunque considerato in Giappone come un attentato al pudore, per i Giapponesi, ben inteso, perché dagli europei che abitano in Giappone,si tollera volentieri questo gesto che si sa essere nei loro costumi. Ma mia moglie non deve dimenticare che ormai è giapponese.

 

Sulla banchina della stazione centrale di Tokyo, mio fratello maggiore e sua moglie ci attendevano. È stata mia cognata la persona che ho scorto per prima. Senza dubbio per via di mia moglie voleva mostrarsi perfettamente all’altezza della situazione, perché si è precipitata sulla mia mano destra e l’ha scossa con calore. Il mio fratello maggiore ha fatto altrettanto, dopo di che ci siamo salutati a congratulati a lungo, cosa più conveniente. In seguito siamo stati presentati a tutte le onorevoli persone che si erano degnate di venirci a salutare al nostro arrivo.

 

Vecchio lampione di epoca Taisho a Hakodate. Estate 2001.

Poiché solo gli intimi erano stati avvisati, naturalmente non c’erano molte persone. Appena una quindicina, fra cui conviene ricordare numerosi allievi di mio fratello e diversi amici di un tempo. Eravamo tutti felici di rivederci ed è stato con molta allegria che abbiamo preso insieme una colazione all’europea nella sala da pranzo dell’hotel della stazione.

 

Mia moglie era naturalmente un po’ spaesata. Eppure mia cognata non si stancava di parlarle, ma poiché lo faceva in giapponese, il dialogo, per forza di cose, mancava di animazione. Tutti gli onorevoli signori hanno voluto che si togliesse il cappello per vedere i suoi capelli biondi, sfumatura che ci sembra sempre alquanto straordinaria per dei capelli. Evidentemente, com’è buona abitudine, non hanno lasciato trapelare nulla di quello che pensavano di lei. Ma le loro dimostrazioni di gentilezza non erano per nulla esagerate, bensì lusinghiere e mi è stato facile concludere che l’impressione prodotta fosse del tutto perfetta.

 

Il resto della giornata è trascorso in sistemazioni di oggetti e vestiti, interrotte dai due pasti principali, presi direttamente all’hotel. Ciò nonostante abbiamo già ricevuto una quindicina di visite, dieci o dodici telefonate, otto inviti a pranzo, quattro richieste di appuntamento e trentaquattro regali fra cui diciotto scatole di dolci differenti che necessiterebbero, per essere mangiati freschi, la presenza di dieci persone provviste di un solido appetito.

 

Si tratta, in tutta evidenza, di un’accoglienza proprio piacevole.

 

Verso mezzanotte mia moglie, senza dubbio stanca dal viaggio, si è lasciata andare su una poltrona esclamando “Sono stordita.” Mi domando perché. Mio fratello è sempre stato la discrezione in persona ed è per questo che ha approfittato dell’occasione per lasciarci dandoci appuntamento verso le sei e mezza del mattino dopo, poiché sa che le donne europee dormono fino a tardi e non vuole apparire importuno.

 

Tokyo eki, la stazione di Tokyo, facciata d'epoca Meiji, fotografata nell'estate 2002.