Hyakunin isshu. Cento poesie per cento poeti. 24. Sugawara no Michizane.

Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), “Kanke”, dalla serie Hyakunin isshu no uchi.

 

このたびは
幣もとりあへず
手向山
紅葉のにしき
神のまにまに

 

Kono tabi wa
nusa mo toriaezu
tamukeyama

momiji no nishiki
kami no manimani

 

Kanke*

(Sugawara no Michizane)

(845-903)

 

Stavolta, in questo viaggio Per questo viaggio, i nastri votivi Non avendo predisposto offerte
io non ho potuto portare offerte, non ebbi tempo di preparare; per il viaggio
ma gli dei possono prendere quanto vogliono e dunque sulla collina della sacra offerta voglia la divinità accettare
dal broccato di foglie d’acero sia volontà divina accettare su questo monte
del monte delle offerte. il broccato delle foglie autunnali.* un broccato di foglie d’aceri.
Traduzione di Marcello Muccioli. Traduzione di Sagiyama Ikuko. Traduzione di Andrea Maurizi.

Per confronto la traduzione di Nicoletta Spadavecchia:

In questo viaggio / non ho portato doni / ma solo aceri / offro agli dei dei monti / rossi quasi un broccato.

 

Fonte per il testo giapponese:

Japanese Text Initiative della University of Virginia Library.

 

Le traduzioni sono tratte da:

Sagiyama Ikuko (a cura di), Kokin Waka shū. Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne, Milano, Ariele, 2000.

Nicoletta Spadavecchia, Michelangelo Coviello (a cura di), Fujiwara Teika, Tanka. Antologia della poesia classica giapponese, Milano, Corpo 10, 1990.

Andrea Maurizi, Poesie di cento poeti in Virginia Sica, Francesca Tabarelli de Fatis (a cura di), Lo spirito giovane della calligrafia classica. Personale di Kataoka Shikō, Trento, Go Book, 2006.

Marcello Muccioli (a cura di), Fujiwara Teika, La centuria poetica, Milano, SE, 2010 (1a ed. Firenze, Sansoni, 1950).

 

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L’immagine che ho scelto per illustrare il waka n°24 è di Utagawa Kuniyoshi, celeberrimo artista del tardo periodo Edo la cui sensibilità è, inevitabilmente, molto diversa da quella che ha dato origine al componimento poetico del poeta, letterato, uomo politico e dignitario di corte Sugawara no Michizane, venerato come kami della calligrafia, delle lettere, del sapere.

E in questa immagine, ecco cosa vedo.

 

Un gruppo di personaggi avanza lungo un sentiero incassato fra i monti. L’introduzione al waka di Michizane presente nella raccolta Kokinwakashū ne spiega le circostanze della composizione: “Composto sul monte [Tamukeyama o ‘monte delle offerte’] ove si fecero offerte alla divinità del viaggio, mentre l’imperatore abdicatario Suzakuin [ossia Uda] si recava a Nara”. L’episodio è storicamente accertato: si tratta di un viaggio effettuato dall’imperatore in ritiro Uda (chiamato Suzakuin dal nome della sua residenza nella capitale) che lo condusse, nell’898, in pellegrinaggio a Nara e a Sumiyoshi, sede di un famoso santuario shintoista.

La stampa è incorniciata, a destra dell’osservatore, dagli alti fusti di alcuni pini che protendono i loro rami frondosi sui viaggiatori. L’opposto angolo, in basso a sinistra, mostra la sommità della verde chioma di un altro albero che immaginiamo crescere sul lato opposto del sentiero, cosicché la scena appare come abbracciata da una cornice di vegetazione. È il color verde a dominare il paesaggio, sfumato in varie tonalità, dalle fronde degli alberi, alla collina ricoperta di prati contro cui si staglia il gruppo, al boschetto sulla cima del monte color della terra che lo fronteggia. Ed è proprio questo monte che sembra rappresentare la prossima sosta dei viaggiatori: in lontananza, infatti, di fronte a loro, serpeggia un sentiero tortuoso che conduce a un torii nascosto fra i pini, quasi impercettibile ma segno inequivocabile della presenza di un luogo sacro dedicato alla divinità dei luoghi.

Il corteo, di cui vediamo solo una piccola parte, entra nella scena da destra. I primi due personaggi li intravediamo solo: indossano delle vesti informali da caccia, come si deduce dal taglio caratteristico sulle spalle destinato a favorire i movimenti delle braccia (kariginu). Sono decorate a grossi motivi, una su fondo marrone e l’altra su fondo grigio. Davanti a questi due cortigiani avanza un cavallo bianco, rivestito di una gualdrappa, anch’essa bianca, decorata a disegni azzurri; lo accompagnano due attendenti di basso rango, tipicamente abbigliati in bianco. Davanti al cavallo è ancora un cortigiano in tenuta informale da viaggio: veste marrone da caccia a grossi motivi e ampi pantaloni trattenuti alla caviglia (sashinuki). Questo personaggio regge lo strascico (shitakasane no kyo) della veste cerimoniale (sokutai) del poeta, letterato e dignitario imperiale, Michizane, l’autore del waka che la stampa di Kuniyoshi illustra. È proprio lui, il protagonista della scena, rivestito nelle vesti formali del cortigiano, in testa il rigido copricapo nero kanmuri, ai piedi le calzature nere di foggia cinese (kurokawanokutsu) e lo shaku fra le mani; avanza sul sentiero, forse rammaricandosi di non aver avuto il tempo di recare con sé gli stendardi votivi da donare al santuario dedicato agli dei che dimorano sulla montagna dove i viaggiatori sostano per chiedere impetrare la loro protezione durante il cammino (tamukeyama, “collina delle offerte” ma anche toponimo). Quale la ragione di questa mancanza? Forse la decisione di organizzare in tutta fretta questo pellegrinaggio imperiale? O, più probabilmente il fatto che essendo un’occasione pubblica, vi siano proibite manifestazioni private di devozione? Gli studiosi non sono concordi sull’interpretazione da dare alle parole del poeta.

Accanto a lui, un giovane attendente, i capelli trattenuti in due codini nella foggia dei karako (fanciulli cinesi), quasi a ricordare il magistero di Michizane nelle lettere cinesi, sembra spezzare con la sua presenza la solennità della scena. Intanto, sopraggiunge la notte autunnale a tingere il cielo di un blu sempre più scuro.

*Il nome Kanke, sotto il quale compare l’autore in alcune fonti, fa riferimento a una diversa lettura dei kanji del cognome Sugawara.