Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Tante storie in 31 sillabe.

Nell’incrocio di Shibuya. Tōkyō, aprile 2017.

Storia

di una yamamba che

al pensiero delle braccia e delle gambe

che non era richiesta a mangiare

versò tante lacrime da formare uno stagno.

 

Storia 

della piccola chiave

lasciata dal direttore T

del museo

di belle arti.

 

Storia

di un vero tanuki

che vive

nella casa degli spettri

di un luna park.

 

Storia

di un braccio sinistro abbandonato

che in una notte di pioggia

striscia su terreno

e bussa a una porta.

 

Storia

dell’acino di uva selvatica

da me così distrattamente portato alla bocca

da pensare fosse 

un tuo dito.

 

Storia

la cui conclusione

è affidata alle scimmie:

il globo terrestre nella mano destra

una mela in quella sinistra…

 

Storia

fastosa della strada malfamata

percorsa da due uomini

con gli occhiali

dalla montatura d’argento.

 

Storia 

da raccontare

solo quando si è lontani

dall’indirizzo

riportato sulla patente.

 

Storia

delle settecento pagine

divorate nelle due ore

precedenti

all’inizio di una rissa.

 

Storia

di una vita persa sette volte

lungo il sentiero

percorso alla ricerca

delle parole perdute.

 

Storia 

di un soldato

che disegnò un cuore in miniatura

sul petto

di un soldato in miniatura.

 

Storia

del deserto

in cui un bambino con un foro in gola

cammina 

rantolando.

 

Storia 

in cui sventola

un grande furoshiki

con motivi di pioggia,

arabeschi e strisce.

Storia

dei denti spaventosi

di un allenatore

disumano e affamato

che divora gli atleti.

 

Storia

di tanto tempo fa

in cui con un paio di bacchette da cucina

qualcuno afferrò di scatto

un oni rosso.

 

Storia

di sei persone,

cinque delle quali senza ombra,

radunate nella reception di un albergo

alle due del mattino.

 

Storia 

di una ragazza

che quando di notte

si guarda allo specchio

si trasforma in una yamamba.

 

Storia

dell’infelice amore

narrato dal capotreno dopo aver annunciato:

“Per quanto il treno

Abbia un ritardo di cinque minuti…”.

 

Storia 

in cui un uomo 

tornando a casa verso il tramonto

deviò dalla strada principale

e attraversò un ponte.

 

Storia

dell’incontro

con una persona con cui una volta

avevo condiviso

un paio di scarpe a Ueno.

 

Storia

che comincia il giorno in cui

lanciai nell’armadietto delle scarpe

un’infantile lettera d’amore

e tornai a casa.

 

Storia

farcita di parola

di promesse

titillanti, pruriginose

e imbarazzanti.

 

Ishikawa Mina

(n. 1980)

 

Traduzione di Andrea Maurizi.

Da: Monogatarishū (Raccolta di storie, 2006),

in: Internazionale. Storie, n. 1134, anno 23 (2016), pp. 40-42.

 

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Una delle poetesse più interessanti del genere tanka, la Ishikawa ha pubblicato la sua raccolta di inediti e intriganti “monogatari in 31 sillabe” nel 2006, sotto la forma di un mazzo di carte, secondo l’antica tradizione collegata ai waka della raccolta Hyakunin isshu. In italiano la silloge, in 52 tanka, è stata tradotta da Andrea Maurizi e pubblicata su un numero speciale di Internazionale dedicato alla letteratura giapponese.