Aki ya. Una bellezza inutile (elogio dell’autunno)

KYOTO MOMIJI
Momiji a Kyoto, 2009.

No, non so se puoi capire l’assoluta bellezza dell’autunno. Siamo in pochi, credo, a respirarne l’odore, a cercarlo in indizi che sanno di bosco, d’erba bagnata. Il treno taglia la pianura e si svela davanti a noi una nebbia sottile che fatica ad alzarsi dai campi.

La nebbiolina leggera, le foglie rosse, castagne calde e il vento, ogni giorno più freddo.

A molti, o forse ai più, piace l’estate, il sole che brucia e le promesse di vacanza. Per me, invece, è l’autunno la stagione più bella. Bella a dispetto di ogni cosa che la circonda – lavoro frenetico, metro affollato, impegni, incontri, l’affannoso ritmo della quotidianità, l’insensatezza di piccoli uomini che si credono giganti .

Inutilmente bello, l’autunno. Perchè raro gioiello non a tutti palese. E prezioso, proprio perchè “inutile”. Che fare di tanta bellezza dei campi, delle risaie? Che fare degli aironi e delle garzette che sfiorano l’acqua, della terra smossa e scura dei campi arati, dei tralci di vite rossi e carichi? Che fare del pero del giardino, degli inutili ricci degli ippocastani e dei loro marroni perfetti e lucidi, già bagnati dalla prima pioggia?

Non ho visto che uno scampolo del primo autunno in Giappone, era qualche anno fa. Potrei forse dimenticare i momiji a Miyajima, un cervo chino ad annusare la terra sotto le foglie rosse come stelle perfette? Dimmi, potrei?

Ma è altrettanto bello qui, l’autunno, questa stagione dal profumo di pioggia. Qui, nella pianura padana che si dispiega davanti ai nostri occhi, ogni mattina. Qui, per me, bello e atteso. A dispetto di tutti.

Dedicato a Anna.