Un Capodanno di Kawabata

La grande campana dello Eiheiji, Fukuiken. Agosto 2007.
La grande campana dello Eiheiji, Fukuiken. Agosto 2007.

Da quando aveva preso l’abitudine di ascoltare le campane di fine anno alla radio?  Sicuramente da quando era iniziata la trasmissione,  diversi anni prima.  Mentre la radio diffondeva il suono delle campane,  il commentatore raccontava la storia di varie campane dei templi più famosi e antichi di tutto il Giappone.  Col suono delle campane, l’anno vecchio se ne andava, e arrivava quello nuovo.  A volte i commenti degeneravano in uno stile troppo manierato o sentimentale.  Ma il suono delle campane echeggiava egualmente cupo e solenne a lunghi intervalli,  trascinandosi dietro l’antica tristezza popolare.  La radio alternava le campane dei templi del Nord a quelle  dei templi del Sud,  e terminava immancabilmente con le campane dei templi di Kyōto.  Altre volte trasmettevano le campane dei templi di Kyōto, che riecheggiavano traversando l’aria della vecchia capitale.

Ogni anno,  nell’ora in cui la radio trasmetteva il suono delle campane, sua moglie e sua figlia erano solite sfaccendare per la casa.  Se non stavano ancora preparando il pranzo del giorno di capodanno, mettevano in ordine la casa,  disponevano i fiori o preparavano i kimono da festa.  Ōki ascoltava la radio, comodamente seduto nel soggiorno.  Le campane gli riportavano al ricordo tutti gli avvenimenti dell’anno che stava per finire e ne era commosso.  La commozione era a volte violenta, a volte amara.  I pensieri potevano anche essere dolorosi, o colmi di rimpianto.  E anche se il tono sentimentale dell’annunciatore poteva dargli fastidio, il suono delle campane non mancava mai di toccarlo nel profondo del cuore.  Aveva perciò a lungo sognato di trovarsi a Kyōto nella notte dell’ultimo dell’anno, invece di ascoltare per radio il suono delle vere campane dei templi antichi.

Il desiderio a un tratto si era trasformato in una decisione e  Ōki aveva preso il treno per Kyōto.

[…]

Dopo aver sentito le campane, Ōki si recò con la compagnia al vicino tempio shintoista di Gion per la rituale preghiera del capodanno. Per strada incrociò gente che camminava scuotendo i bastoncini dai quali penzolava una cordicella dalla punta accesa. Era il fuoco sacro del tempio, col quale si accendeva il primo fuoco del fornello a casa per cuocere la zuppa della festa di capodanno.

Si trattava di una vecchia usanza dei cittadini di Kyōto.

Kawabata Yasunari, Bellezza e tristezza, Torino, Einaudi, pp.3-4 e 19.

Traduzione di Atsuko Suga.

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