“Lunghe davvero son le notti d’autunno…” Un frammento di noh.

Tsukioka Kōgyo (1869-1927), Kinuta (1922), dalla serie Nōgaku hyakuban.

Il lamento del cervo mi strugge il cuore,

da monti che non scorgo il vento incombe,

da ogni ramo si disperde una foglia,

il chiaro della luna di un cielo fosco

trascolora sulle erbe d’oblio dello spiovente,

come cortina sul corpo calan gemme di rugiada:

notte di confessione d’affetti e pensieri afflitti.

Alta si leva la freccia della clessidra ad acqua:

il vento volge ad aquilone,

il suono del kinuta vicino or si fa lento or fìtto:

la luna volge a ponente.

[…]

Anche tu pino, sullo spiovente del natio villaggio, veglia.

Tra i tuoi rami, no, non trattenere il suono della tempesta!

E tu vento, unendoti ora al suono del kinuta, soffia verso colui.

Ma se soffiando troppo, vento tra i pini, il mio cuore

a lui comunicando, dovessi in sogno apparire

quel sogno non stracciare!

[…]

Sotto la luna non riesco a dormire,

su, colpisci, colpisci la stoffa

[…]

Ottava luna e nono mese:

lunghe davvero son le notti d’autunno,

a mille, a miriadi di voci,

vorrei comunicargli la mia tristezza.

I colori della luna, i paesaggi del vento,

persino la brina su cui posano i suoi raggi,

in questo frangente di desolazione del cuore,

il suono dei kinuta, tempesta notturna,

sussurri di tristezza, bisbigli d’insetti,

confondendosi calano rugiada e lacrime,

ticchiettando, stillando, frusciando, quale è dunque il suono del kìnuta?

(dal Kinuta, La mazzuola per ammorbidire le stoffe*)

 

Traduzione di Bonaventura Ruperti.

In: Paola Cagnoni, Scritti teatrali, a cura di Bonaventura Ruperti, Venezia, Cafoscarina, 2006.

 

* Kinuta è un dramma attribuito al genio di Zeami Motokiyo (1363-1443).

Un giovane donna si lamenta dell’assenza del marito, il signore di Ashiya in servizio presso la corte, nella capitale lontana. In solitaria attesa la donna, certa che il marito manterrà la promessa di ritornare entro la fine dell’anno, ascolta il suono prodotto dalle donne che picchiano le stoffe con il kinuta (una sorta di mazzuolo che permette di ammorbidire  e rendere lucide le stoffe). Ricordava la storia antica di Sobu che, inviato in una regione remota, batteva un stoffa con il kinuta sperando che il suono giungesse sino alla moglie e ai figli lontani, come a consolarli. Seguendo l’esempio di Sobu,  la donna inizia a battere ritmicamente la stoffa, per consolarsi nella notte d’autunno.

Ma giunge infine un messaggero che le comunica che il suo sposo non potrà ritornare da lei alla fine dell’anno così come aveva promesso. La giovane precipita allora in uno stato di profonda malinconia e muore. Tornato a casa, il marito, affranto, evoca la sposa con un rito che ne fa apparire lo spettro, per chiederle perdono. La donna rivela le proprie pene e racconta dei tormenti dell’inferno a cui l’ha portata la sua gelosia e il suo risentimento. Il canto dei sutra, però, giungerà infine a placare il suo dolore e a permetterle di riposare in pace.

 

In margine a un corso sul teatro giapponese.

1 commento

  1. brina al sole
    sull’isola perduta
    batte l’onda
    al riflesso crudele
    di un regno distrutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *