Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Sabbia… sabbia…

Kajita Hanko (1870-1917), Bijin sulla spiaggia, 1910.

Non era facile prender sonno. Mentre tendeva I’orecchio ai movimenti della donna, si domandava, con un po’ di rimorso, se tutto quel gesto di rabbia non era forse I’espressione d’una gelosia verso ciò che legava la donna, mentre in fondo egli forse desiderava che la donna arrivasse subito accanto a lui, nel letto, scartando il lavoro. Infatti la sua rabbia non poteva spiegarsi soltanto con I’irritazione di fronte alla stupidità della donna. C’era, in quella rabbia, un tratto infinitamente melmoso. Il letto era più umido di prima e la sabbia si appiccicava irreparabilmente alla pelle. Tutto era troppo ingiusto, troppo mostruoso. Non era il caso di sentirsi in colpa per aver lasciato il lavoro buttando via la pala; non aveva alcun obbligo di impegnarsi in quel lavoro. Dopo tutto, il mondo era già pieno di doveri che gli toccava di adempiere; ce n’erano già troppi. Si era portato fin lì, sulle tracce della sabbia e degl’insetti, appunto per fuggire, pur momentaneamente, dall’oppressione dei doveri e del tedio della vita…
Il sonno tardava a venire. Gli arrivava di continuo il fruscio prodotto dai movimenti concitati della donna che non si fermava un attimo. Le ceste arrivavano, poi se ne andavano. “Se non dormo, non potrò sfruttare bene la giornata di domani”, si disse l’uomo. Progettava di alzarsi l’indomani all’alba per usufruire bene della giornata. Ma più si sforzava di dormire, più si accorgeva di diventare nervoso. Gli occhi gli cominciavano a bruciare; nemmeno le lacrime e lo sbattere frequente delle palpebre riuscivano a vincere completamente la sabbia che continuava a cadere. Si coprì il viso interamente con un asciugamano leggero, dopo averlo sbattuto nell’aria per liberarlo dalla polvere. Non si respirava bene, in quel modo, ma era meglio che sentirsi continuamente sotto la minaccia della sabbia. 

Cercò di pensare ad altro. Chiudendo gli occhi, vide apparire numerose strisce slanciate che continuavano a fluire come creature viventi che respiravano. Erano i disegni lasciati dal vento sulla sabbia, che si spostavano lentamente lungo i versanti delle dune: li aveva inseguiti per mezza giornata ed erano rimasti stampati nel fondo degli occhi. Fu lo stesso fluire della sabbia a distruggere, divorando, città e perfino imperi che avevano prosperato una volta. Si chiamava forse Sabrata. quella città dell’Impero romano? Poi la città cantata da Omar Kayam… dove si trovavano sartorie, macellerie, drogherie che venivano collegate l’una all’altra dalle strade che le fermavano come in una rete potente. Soltanto per cambiare un tracciato di queste strade immobili, ci volevano anni di discussioni negli uffici pubblici. Città antiche di cui nessuno osava nemmeno sospettare la loro immobilità. Ma neppure esse riuscirono a vincere la legge della sabbia cui l’unica definizione precisa era quella del diametro di 1/8 mm. 

La sabbia… 

Visto con gli occhi della sabbia, tutto ciò che possedeva una forma era vano. L’unica cosa certa per essa era il suo movimento che negava ogni forma fissa. Intanto, oltre la sottile parete di legno, la donna continuava a spalare la sabbia senza mai fermarsi. Cosa sperava di fare con quelle esili braccia di donna? Non era forse come costruire una casa ai margini d’un fiume? Quando si ha da fare con l’acqua, è necessario pensare alle barche, perché è inutile contrapporsi al carattere dell’acqua. 

Questo pensiero dette un improvviso senso di liberazione all’uomo, finora tormentato da quel senso di strana oppressione suscitato dal rumore della donna che spalava la sabbia. Se è la barca che si addice all’acqua, perché non accostare la barca anche alla sabbia? Bastava liberarsi dall’idea fissa di una casa, per non sprecarsi inutilmente nello sforzo di lottare contro la sabbia. 

Una barca che galleggia in tutta libertà sulla sabbia… Una casa mobile… Villaggi e città senza una forma fissa… 

Naturalmente la sabbia non è un materiale fluido. Perciò non ci si può aspettare da essa la capacità di far galleggiare la barca. Perfino una sostanza col peso specifico minore di quello della sabbia, come per esempio un turacciolo di sughero, verrebbe travolta e sommersa nella sabbia se fosse lasciata per suo conto. Una barca che dovrà galleggiare sulla sabbia dev’essere munita d’una capacità completamente nuova. Una casa, per esempio, con la forma d’una botte oscillante. Basterebbe girarla un poco per sbattere via la sabbia che vi si accumula; e la casa si troverebbe di nuovo a galla. Tuttavia se la casa dovesse girare su se stessa di continuo, la gente che ci abita avrebbe un’enorme difficoltà a ritrovare l’equilibrio; sarebbe insopportabile per i suoi abitanti. Si potrà inventare allora un trucco, cioè costruire una botte a doppio strato di pareti: la camera esterna fatta in modo che il pavimento si trovi sempre in conformità al senso della gravità. Mentre la botte interna continua a girare. Una casa oscillante come il pendolo d’un immenso orologio. Una casa simile a una culla. La barca che naviga attraverso il deserto di sabbia… 

Villaggi e città fatti da agglomerati di queste barche che continuano a oscillare… 

Senza rendersene conto, l’uomo si era addormentato. 

 

Abe Kōbō

(1924-1993)

 

Traduzione di Atsuko Ricca Suga.

Da: La donna di sabbia (Suna no onna, 1962), Guanda, pp. 56-59.

 

🐚🐚🐚

Il disagio e il perturbante dell’ordinario sono al centro della narrativa di Abe Kōbō, uno degli scrittori più importanti della letteratura giapponese del XX secolo. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti, ben prima e, almeno per me, in maniera ben più potente che in Murakami, la realtà è filtrata attraverso la forza dell’immaginazione. La sua rara capacità di sondare i moti dell’animo umano in situazioni psicologiche estreme è esemplificata nelle pagine del suo capolavoro, La donna di sabbia, diventato nel 1964 un film di grande bellezza e intensità diretto dal maestro Teshigahara Hiroshi (1927-2001) e scritto dallo stesso Abe. Da (ri)scoprire.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *