Ōe Kenzaburō (1935-2023)

Io, che sono nato in provincia, nel profondo di un foresta giapponese, da tanto tempo perseguo il sogno della somma felicità nel primo canto del Purgatorio. Il Paradiso, per me che sono pagano, è troppo lontano. Il mio sogno sarebbe arrivare al cerchio più basso del Purgatorio dove, a differenza dell’Inferno, soffia il vento, cade la pioggia, crescono gli alberi, si vedono le stelle“.

Era dedicata a lui la mia tesina di fine corso all’IsMEO, l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente dove mi sono diplomata in Lingua e cultura giapponese alla fine degli anni Ottanta, prima dell’università; su di lui era stato il mio primo saggio pubblicato (era il 1995); infine, nel 1996, l’incontro, all’Università Statale di Milano, in una giornata che gli avevamo dedicato per festeggiare il suo premio Nobel e il premio Mondello che avrebbe ritirato di lì a pochi giorni.

Davanti a lui, seduto allo sgabello della cassa a firmare libri nella libreria universitaria dove allora lavoravo, mi ero presentata emozionata e balbettante con la pila di suoi libri acquistati nel corso di viaggi, in varie lingue. Me li autografò tutti chiacchierando e sorridendo, facendo sue considerazioni, mentre guardava le copertine. E raccontando aneddoti, come quello del suo incontro con Che Guevara nell’occasione di un raduno mondiale giovanile a Pechino, alla presenza di Mao Zedong… Non dimenticherò mai il suo sguardo sorridente, né l’emozione di vivere un momento unico della mia vita.

Sensei, hai accompagnato il mio percorso nella cultura giapponese come un mentore, anzi, un kami. Lontano ma mai troppo. Sei stato la coscienza del Giappone e, per me, una guida. Pacifista, attivista antinucleare, al fianco degli esclusi, in lotta contro il potere in nome dei valori di umanità e di democrazia. Umanista nel senso più elevato del termine. Sensei, spero che tu sia là dove volevi andare. Per me resti ancorato a questa terra, a questa vita. Hai plasmato la mia visione del Giappone e forse così mi hai “complicato” non poco le cose.

Non smetterò di cercarti nelle pagine. Non smetterò di pensare a te con gratitudine.

Solo come un piccolo omaggio, un piccolo omaggio commosso, trovate qui quel vecchio saggio del 1995 dalla bibliografia ormai superata:

4 giugno 1996. Un caro, caro ricordo.