Sugihara: un fatto normale. (Quanti 27 gennaio? Quanta barbarie? Quanta, se smettiamo di ricordare?)

Un giorno ho ricevuto una lettera da Hollywood.  Dei produttori desideravano girare un film sulla vita di mio marito, Sugihara Chiune, e mi chiedevano di voler loro raccontare in dettaglio i fatti di quella famosa estate del 1940, in Lituania.

Ho deciso allora di sistemare i quaderni che mi aveva lasciato e di risalire indietro, nella mia memoria.

 

In quel giorno indimenticabile della fine del mese di luglio del 1940, in quel paese situato sul mar Baltico, un po’ prima delle 6 del mattino, ho sentito improvvisamente alzarsi delle voci. Presto quelle voci sono state sostituite da un clamore immenso davanti all’entrata del consolato che dava su un viale. Non riuscivo a cogliere il senso di quelle parole.  Subito ho guardato fuori con discrezione, attraverso uno spiraglio fra le tende.  E là fuori ho visto un gruppo di vecchi, di giovani, uomini, donne, bambini, di tutti i tipi e vestiti per la maggior parte di stracci. Si tenevano in piedi contro la cancellata in ferro, gridando a pieni polmoni, implorando, gli sguardi puntati sulla porta del consolato. Erano circa un centinaio.

 

La lettura di quelle righe fece rivivere nel mio spirito le immagini  di quella mattina. (…)

Proseguii la mia lettura:

La brutalità dell’armata nazista che aveva invaso l’ovest della Polonia nel settembre 1939, nei confronti degli abitanti dei territori occupati, si intensificava di giorno in giorno. La sua crudeltà in particolare verso gli Ebrei era spaventosa a vedersi. Nessuno di coloro che fossero riusciti un giorno a fuggire il pericolo poteva prevedere ciò che gli sarebbe accaduto il giorno dopo. Gli Ebrei avevano dunque iniziato a fuggire a piccoli gruppi a partire dalla fine dell’anno, fuga che assomigliava all’inizio di una emigrazione verso il Nord.

Dopo aver superato le prove peggiori, la maggior parte di questi emigranti era arrivata a Kaunas, la capitale della Lituania, che dava sul lontano mar Baltico, dove io occupavo allora la funzione di console.

 

Ed è così che mio marito fu condotto a compiere un’azione che il Ministero degli Affari Esteri giapponese avrebbe chiamato “l’affaire della Lituania” e che tutti dimenticarono dopo la Seconda Guerra Mondiale. Anche nella nostra famiglia non ne parlammo più. Non perché volessimo dimenticarlo, ma semplicemente perché pensavamo che ciò che avevamo fatto era normale.

Sugihara Yukiko

Tradotto dal volume Visas pour 6000 vies, Arles, Editions Philippe Picquier, 2002.

 

Disubbidendo agli ordini del governo di Tokyo, Sugihara Chiune (1900-1986), console giapponese in Lituania, nell’estate del 1940 rilasciò migliaia di visti di transito per gli Ebrei che fuggivano dall’Europa Orientale sotto l’occupazione nazista allo scopo di permettere loro, attraversando la Siberia e via Giappone, di raggiungere gli Stati Uniti o altri paesi amici. Al ritorno in patria Sugihara fu radiato dal corpo consolare.  Egli è inserito, unico asiatico, nella lista dei “Giusti fra le Nazioni” (Yad Vashem).

Per andare in profondità: sugihara.html

 

 

 

 

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