C’era una volta una libraia. Io.

Fino a febbraio ho lavorato in mezzo ai libri. E i libri hanno sempre costituito il mio rifugio, il mio riferimento, il mio altrove, i miei amori. La mia vita.

Ora,  non per scelta ma per sgradevole destino, ho perso il mio lavoro e sono a casa. Certo, una casa piena di libri. Circondata e protetta dagli scaffali progettati da mio padre per contenere tutti questi nostri indispensabili amici. Manca però la gioia improvvisa dell’apertura dei pacchi delle novità, della scoperta di un titolo finalmente tradotto, di una ristampa tanto attesa. Anche queste piccole quotidiane felicità fanno la bellezza del mestiere di libraio.

Ora le novità le devo inseguire sugli scaffali delle librerie in cui ho ripreso a entrare dopo un tristissimo periodo di rigetto. Ora ritrovo le pile, l’odore della carta, il disordine dei cataloghi e degli scaffali. Ma non è più la stessa cosa.

Ora sono solo lettrice. Non sono più libraia. E mi tocca centellinare gli acquisti, in mancanza di uno stipendio.  Ho tanto, tantissimo tempo per leggere, ma molto meno denaro per comprare libri. Certo, le biblioteche sono preziose alleate. Ma nemiche di chi prende appunti a margine, glossa, commenta e colloquia con l’autore sulle le sue stesse pagine.

Forse disordinati lo sono un po', i miei scaffali...

Oh, lo so,  non smetterò mai di leggere, non smetterò mai di innamorarmi di un autore.  La curiosità intellettuale è la prima cosa a farci vivere. 

Solo che non potrò più raccontare le mie scoperte ai clienti, suggerire letture, percorsi, titoli. Ricordo persone che periodicamente mi venivano a chiedere consigli di letture giapponesi, suggerimenti, e ci si scambiava pareri sulle reciproche scoperte. A quanti ho suggerito Murakami Haruki quando ben pochi lo leggevano? A quanti avrò fatto scoprire Mille anni di piacere di Nakagami o il Sōseki di Io sono un gatto?

Ecco, mi manca la condivisione della scoperta, la condivisione degli entusiasmi. Il dialogo delle intelligenze, anche, che a volte si instaurava.

Arrivavano, li mettevo sul comodino. Leggevo la sera o sul treno. In ogni momento libero. In fila alla posta o in sala d’attesa dal medico. Nessun attimo andava sprecato. Così potevo raccontare delle novità librarie a ragion veduta. Motivare pareri. E dare consigli mirati.

E ora? Continuerò a leggere nei luoghi e nelle ore più disparate. Questo è certo.

E continuerò a parlare di libri con qualcuno, sì. I miei allievi dei corsi di cultura giapponese, per esempio.

E magari lo farò anche qui.

Ebbene, si volta pagina. 

Un angolo della mia piccola biblioteca nipponica ...