Asakusa, Tokyo. Kawabata e una “modan garu”.

Veduta della torre Ryounkaku di Asakusa verso il 1921.

La finestra est: dritto davanti agli occhi, il bar Kamiya; in basso a sinistra, l’edificio della stazione di Asakusa, delle ferrovie Tōbu, un terreno libero circondato da una staccionata; l’Ōkawa. Il ponte Azuma: un ponte provvisorio e il cantiere della società Zenitaka; il cantiere del ponte di ferro delle ferrovie Tōbu. Il parco Sumida: il cantiere sulle rive del fiume; su questa riva, un’officina per il taglio delle pietre e una folla di barchette, il ponte Kototoi. La riva opposta: la fabbrica della Sapporo Beer; la stazione di Kinshibori; la cisterna del gas di Ōjima; la stazione di Oshiage; il parco Sumida, la scuola elementare, la zona industriale; il tempio shintōista Mimeguri; la villa Ōkura, il canale di drenaggio di Arakawa, il monte Tsukuba avvolto da nuvole invernali.

Haruko, le mani nelle tasche del kimono, passeggiando di finestra in finestra, contempla i tetti di Tōkyō:

“Ma è un paesotto! Tōkyō sembra la suola di un vecchio geta, e questi geta sono pure incrostati di fango… pare un villaggio in disordine, no?

– Un villaggio, dici.  Formidabile! – con queste parole d’improvviso uno degli uomini l’abbraccia e la bacia.

Poi, un secondo uomo, in silenzio, la bacia.

I rimanenti due aspettano il loro turno e la baciano in silenzio.

Nel frattempo Haruko, senza tirare fuori le mani dalle tasche, rimane ferma a occhi chiusi, poi:

– Io, la sposa della torre di Asakusa… non avete del rossetto?

*

Non avete rossetto?… In questo momento la bimba sta premendo il naso contro la rete della finestra ovest.

Una modan garu (moga, modern girl) di periodo Taisho, disegnata da Kasho Takabatake, 1920 circa.

(…) 

La finestra ovest: l’ufficio postale di Asakusa, come un cassonetto della spazzatura rovesciato a terra. Le lettere dorate della grande insegna di dolci Kaminari okoshi. L’ufficio circoscrizionale di Asakusa. Il Denpōin. Il viale principale: le decorazioni di fine anno alle vetrine dei negozi, automobili e tram che si trascinano per la grande strada, come una processione di scarabei, bandiere per la celebrazione dell’arruolamento nell’esercito, in fondo il Senshōji in cemento, il tetto in rame nella pallida luce del crepuscolo. Sul lato destro del viale, i tetti della Nakamise, il quartiere dei cinema. A sinistra, l’ufficio della compagnia telefonica e i bagni pubblici. I grandi magazzini Matsuzakaya di Ueno. La stazione di Ueno. Il grigio bosco di Ueno e il fumo bianco dei treni. Il museo della casata imperiale. L’auditorium Yasuda dell’università imperiale e la biblioteca universitaria. La chiesa Nicolai. Il tempio shintōista di Yasukuni. Il nuovo edificio del Parlamento… poi, sopra un mare di case, nelle mattine e nelle sere limpide, il magnifico Fuji.

 

Kawabata Yasunari

(1930)

 

Trad. di Costantino Pes.

 

La banda di Asakusa (Asakusa Kurenai dan), Torino, Einaudi, 2007, pagg. 101-103.