Una lettura per l’estate. Unsui nikki. 1. Lasciare i propri cari.

“Lasciare i propri cari …”, acquarello di Satō Giei.

 

Lasciare i propri cari per partire alla ricerca di un maestro

 

Yōkan è un ragazzo simpatico che ha finito i suoi studi universitari e sta per lasciare il tempio Busshin. Questa primavera si è messo in testa di passare ad altro: vuole sottomettersi agli esercizi monastici. E io, che vi racconto la sua storia, ho preso da parte mia una decisione: seguirlo passo a passo al fine che possiate farvi un’idea di quello che è veramente la vita quotidiana in un monastero.

Quando si dà l’obiettivo di diventare monaco, l’apprendista si impegna a percorrere dalla prima all’ultima tutte le tappe per assimilare le “pratiche che hanno corso in un monastero zen”. E come fare altrimenti? Si pensa forse di poter acquisire ciò che fa lo zen senza entrare per davvero nella pratica, nella ricerca che sono richieste? Accontentarsi di una conoscenza per sentito dire senza essere personalmente immersi nell’esperienza? No, sarebbe allora meglio rinunciare al pensiero di salvare se stessi e di salvare gli altri. E prima di tutto ci sono le regole della scuola zen: un candidato può avere il bagaglio teorico che vuole, ma senza essersi strofinato con l’apprendimento di base, non potrebbe pretendere di diventare superiore di un tempio. Yōkan lo sa bene: non dubita che la missione di un discepolo del Buddha sia di vivere secondo lo zen e di guidare gli altri sulla via della felicità; ed è per questo determinato ad andare fino in fondo ai suoi principi.

In questo mattino di aprile, ha seguito punto per punto quello che il suo maestro gli ha spiegato dettagliatamente, fino alla tenuta da viaggio che da sempre i monaci hanno in uso: indossata la veste di color blu scuro, calze bianche ai piedi, si è appeso al collo la bisaccia delle offerte e ha preso la sua borsa da pellegrino stretta da due spessi cordoni. Questa borsa ha due comparti: quello davanti contiene una veste in canapa, cosa che serve per la vita di tutti i giorni e, in più, riuniti in un unico involto, la ciotola per le offerte, un libro di sutra e il necessario per radersi; nell’altro comparto, che porta sulla schiena, ha messo due vesti, una che lo proteggerà dalla pioggia e  quella bianca che porta da laico. Sotto i ciliegi in fiore, i cui petali volteggiano cadendo e lo cospargono di bianco, ha preso congedo dai suoi, cappello di bambù in mano, prima di allontanarsi: addio, villaggio natale!

Il cuore ardente, eccolo che oltrepassa con determinazione la soglia di una nuova vita.

 

Satō Giei

(1920-1967)

 

Fonte: 

Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),

traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 12-13.

Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.

*Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.

 

 

Maggiori informazioni sul libro e il suo autore le trovate in questa pagina:

https://www.rossellamarangoni.it/una-lettura-per-lestate-unsui-nikki-il-diario-di-un-novizio-zen.html