Il flauto, la luna. Immagine d’autunno (rileggendo Kenkō).

Da un misero cancello di bambù era uscito un uomo assai giovane: al chiarore della luna non si distinguevano chiaramente le tinte dei suoi abiti, ma sopra un sashinuki viola cupo indossava un lucente kariginu, e il portamento indicava il suo alto lignaggio. Accompagnato da un grazioso paggetto, si addentrò per un sentiero tra le risaie che si perdeva lontano, e mentre avanzava bagnandosi le vesti tra le foglie del riso intrise di rugiada, suonava rapito un flauto con arte straordinaria. Fui colpito al pensiero che quel suono meraviglioso non fosse udito da nessuno in grado di apprezzarlo e mi misi a seguire il giovane, curioso di vedere dove andava. Smesso di suonare, entrò in una villa ai piedi dei colli che si apriva con grande portale. All’interno si vedeva una carrozza con le stanghe appoggiate su uno shiji,* e in un posto come quello la cosa mi colpì assai più che nella capitale. Chiesi allora notizie ai servi che risposero: “In questo periodo soggiorna qui il principe imperiale Tal dei tali: è probabile che venga celebrata una qualche funzione religiosa”.

I monaci si erano avviati verso il Midō. Sospinto dal vento pungente della sera, sentii che profumo di incenso effuso nella sala mi avvolgeva penetrante. Lungo il corridoio che univa l’edificio principale alla sala delle funzioni passavano Dame che, pur in quel villaggio sperduto dove non c’era nessuno a guardarle, si erano preoccupate del proprio abbigliamento, attente perfino alla scia di profumo lasciata dalle vesti.

Come un campo da autunno, folto di verde spontaneo, il giardino era rorido di rugiada e ne stillava; gli insetti frinivano lamentosi, e l’acqua dello yarimizu ** scorreva quieta. Le nuvole si rincorrevano più veloci che nei cieli della capitale, sì che era difficile dire se limpida o offuscata fosse la luna.

 

 Kenkō Hōshi

 

Da Ore d’ozio (Tsurezuregusa), traduzione di Luisa Randazzo, edizione a cura di Adriana Boscaro, Venezia, Marsilio, 2014.

* Shiji era un piccolo sgabello laccato su cui venivano posate le stanghe delle carrozze a due ruote quando erano ferme.

** Yarimizu era il ruscello artificiale che scorreva all’interno dei giardini, in uso a partire dal periodo Heian.

Tsukioka Yoshitoshi ((1839-1892), Fujiwara no Yosumasa suona il flauto al chiarore della luna (1885 circa).