Una lettura d’estate. Unsui nikki. 12.La regola del monastero.

“La regola del monastero”, acquerello di Satō Giei.

 

La regola del monastero

 

Impossibile non vedere il grande pannello su cui è scritta la “regola del monastero”: si dondola al di sopra della porta posteriore del padiglione di meditazione e lo stesso avviene con altri pannelli più piccoli, posti a caso su vari edifici, che ricordano una o l’altra regola in dettaglio. Questo testo, che regge l’insieme della vita quotidiana nel tempio, risale al fondatore della carta monastica, Hyakujō: c’è forse bisogno di un’altra prova della sua importanza?

Dallo sviluppo delle cerimonie più complesse fino ai minimi dettagli passando per l’utilizzo corretto dei bastoncini o la maniera di togliersi gli zoccoli di legno, ogni  singolo comportamento è stabilito da regole. Fuggito dal mondo profano in cui era libero, il nuovo venuto si ritrova nel corsetto più stretto che potesse immaginare. Ma qui, lo sforzo compiuto con zelo non tarda a portare frutto, e il corpo e lo spirito finiscono per conformarsi alle regole, a tal punto che, una volta interiorizzati gli usi, lo sguardo o il modo di camminare diventano quelli di un anziano.

Nel nostro mondo di oggi, luoghi simili sono pochi: non c’è che il tempio zen per segnare una differenza così marcata fra l’alto e il basso nell’ordine delle precedenze. Per gli anziani che sono entrati prima di voi, si distinguono, nella sala di meditazione, gli ultimi posti, i posti di mezzo e i primi posti. Quanto ai grandi anziani che progrediscono nei esercizi religiosi da dieci, o venti anni, beneficiano di quelli che si chiamano posti eminenti. Questo ordine di precedenza dipende unicamente dal giorno di entrata nel monastero: l’età, il percorso intellettuale, l’origine non vi giocano alcun ruolo. Arrivare un giorno prima equivale a dover servire un giorno in più in nome della precedenza. E non è questione di manifestare alcun malcontento, sia che riguardi il maestro sia che riguardi un altro monaco della grande assemblea. Se capitasse, sareste costretti a lasciare il monastero e nessuno vi correrebbe dietro per tentare di ricondurvi indietro.

 

Satō Giei

(1920-1967)

Fonte: 

Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),

traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 36-37.

Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.

❖Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.

 

 

 

 

➽ Maggiori informazioni sul libro e il suo autore le trovate in questa pagina:

https://www.rossellamarangoni.it/una-lettura-per-lestate-unsui-nikki-il-diario-di-un-novizio-zen.html

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