Una lettura d’estate. Unsui nikki. 35. Invito a pranzo.

“Invito a pranzo”, acquerello di Satō Giei.

 

Invito a pranzo

In occasione della celebrazione di un servizio per il membro di una famiglia, dei fedeli collegati al tempio mandano a volte un invito a mangiare a casa loro. Poiché quello che vi viene servito non ha niente a che vedere con il brodo “da cui si guarda il soffitto” né con la zuppa d’orzo nero del monastero, un invito del genere mette il cuore dei monaci in festa, e non se lo fanno ripetere due volte! È possibile che abbiano già nelle gambe il giro della questua e che alla distanza percorsa occorra ancora aggiungere quella che li separa da quella casa, accogliente ma lontana. Puro spreco di energia, diranno i sostenitori del modernismo meccanico. Ma è nella natura del monaco e, questo, da sempre, di filare dritto come una freccia e, fintanto che ne avrà i mezzi fisici, lo si vedrà fendere l’aria senza proferire verbo.

Spetta al capo gruppo il compito di assicurare lo scambio dei saluti. Poi si incomincia con l’inchinarsi davanti all’altare domestico e, una volta che si è concluso il rito con la recitazione del testo per il “trasferimento dei meriti per la salvezza dei defunti” e il sūtra di Kannon, ognuno prende posto davanti a una piccola tavola bassa predisposta. Anche se non si tratta che di uno spuntino, il rituale del pasto è sempre in vigore, e la condotta che prevale nel monastero non si modifica di uno spillo. Per un novizio, è un fatto che la sua fermezza d’animo sia messa alla prova. Mangia tutto quello che è preparato sulla tavola, come se dovesse spazzolarlo via, continuando a conformarsi alla consegna di pulire fino all’ultimo grano di riso che resta nella ciotola.

Il padrone di casa, lui, non smette di sorridere con soddisfazione. Non ha forse rinnovato l’esperienza della nonnina il giorno in cui, rifocillando Deshan, gli posò, nel bel mezzo di una conversazione, un quesito malizioso sotto forma di kōan:

“Nel sutra del Diamante è scritto: Inafferrabile è il cuore del passato, come lo è il cuore del presente e inafferrabile è anche il cuore del futuro. Quale di questi tre cuori sarà saziato dallo spuntino che sto per servirvi?”

Deshan non seppe cosa dire. Rimase in silenzio davanti alla donna che gestiva la bettola dove si era fermato per rifocillarsi.

Satō Giei

(1920-1967)

 

Fonte:

Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),

traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 84-85.

Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.

❖Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.

 

 

➽ Maggiori informazioni sul libro e il suo autore le trovate in questa pagina:

https://www.rossellamarangoni.it/una-lettura-per-lestate-unsui-nikki-il-diario-di-un-novizio-zen.html